Il senso della Biennale Post Monument. Intervista al curatore Fabio Cavallucci
pubblicato da Redazione il 26 Agosto 2010
Due gli elementi su cui siamo andati ad approfondire nell’intervista a Cavallucci: la scelta delle location, uno degli elementi più discussi di questa Biennale, e il rapporto degli artisti con la storia di Carrara ed in particolare con la tradizione del movimento operaio, di matrice anarchica ma non solo. Nell’intervista Cavallucci difende la scelta dei laboratori dismessi e delle altre sedi espositive e presenta il rapporto tra artisti e contesto territoriale e storico-culturale nella sua Biennale.
Secondo Cavallucci era inevitabile che gli artisti, nella linea di tendenza delle grandi esposizioni d’arte contemporanea, ricercassero un valore ed un rafforzamento dei significati delle proprie opere e del proprio operare, nel contesto territoriale in cui si chiedeva loro di andare a proporsi: a Carrara questo ha voluto dire incontrarsi anche con la storia del movimento anarchico, come testimonia, ad esempio ma non solo, il lavoro di Rossella Biscotti. La smaterializzazione del monumento e la costruzione di opere che interagiscono con il circostante, sembrano dunque confermarsi come dato costituente del percorso di riflessione di questa Biennale, così come si erano posta fin dalla propria concezione e presentazione.
Una lettura che lega la crisi del monumento alla crisi di ciò che esso maggiormente poteva rappresentare, ovvero una definizione chiara del potere ed anche dei suo ordine simbolico, che oggi certamente si presenta in maniera assai più confusa e con linee di sviluppo meno afferabili.
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